Questi miei articoli vogliono essere più un piacevole dialogo tra appassionati che un insegnamento sulla coltivazione; questo dialogo servirà sia per far conoscere le molteplici facce di questa sottofamiglia di piante succulente sia per far capire al lettore che mi seguirà durante tutto il percorso come rapportarsi con tali piante e come capirle: da queste cose nascerà spontaneamente nell’appassionato la capacità di saperle coltivare con successo. frithia pulcra 

Comincerò come si deve, quando ci s’incontra per la prima volta, con le presentazioni della famiglia e delle sue origini e questo per chiarire un po’ le idee di  cosa stiamo parlando. Le Mesembryanthemaceae sono state ormai da alcuni anni, con l’approvazione della maggioranza dei botanici, incluse (come sottofamiglia Ruschioïdeae e Mesembryanthemoideae)  nella più ampia famiglia delle Aizoaceae; non vi elenco le altre sottofamiglie che fanno parte di questa famiglia perché a livello di coltivazione a noi interesseranno solo le ex-Mesembryanthemaceae, che da alcuni sono state divise in gruppi. Nemmeno di questi parleremo ma unicamente di alcuni generi per non creare confusione.

Sicuramente molti (se non tutti) conosceranno le cosiddette “piante sasso” o “sassi fioriti” o “pietre viventi”: queste fanno parte (e la fanno anche bene) di questa ampia sottofamiglia, il loro genere si chiama Lithops (dal greco lithos = pietra e ops = aspetto, cioè dall’aspetto di pietra) proprio per la loro somiglianza alle pietre, caratteristica questa che serve per la loro difesa (passiva, grazie al mimetismo) contro gli animali assetati che vivono nelle zone aride. Interessante è sapere che la maggioranza delle specie di questo genere vive sopra i 500 m d’altitudine, prediligendo quindi colline e monti dove l’aria è più mossa e fresca. Lithops gracilidelineata bradbergensisMolte, nei caldi mesi estivi, si difendono dal sole crescendo sotto cespugli all’ombra di pietre o sotto un velo di sabbia oppure anche ricoperte dalle loro stesse foglie disseccate dalla calura; quindi non dobbiamo pensare che qui da noi il caldo estivo sia per loro tutta salute e, infatti, mal sopportano i periodi afosi (umidità senza aerazione) o i colpi improvvisi di sole dopo giorni di nuvolosità. Io uso spesso ventilatori e retine ombreggianti del tipo antigrandine (quindi hanno una duplice funzione) a maglia non troppo fitta, perché è anche importante comunque che di sole ne passi parecchio. È anche utile, durante le giornate di sole forte e caldo, in cui la temperatura resta alta anche la notte e durante il giorno si avvicina o supera i 30 °C, nebulizzare acqua fresca sulle piante anche se le stesse si trovano sotto il sole: le goccioline di acqua che si depositano sulle piante non faranno in tempo, come spesso erroneamente si crede, a scottare la pianta (fungendo da lenti che concentrano i raggi solari) ma, al contrario, evaporando in fretta a motivo della temperatura elevata, toglieranno calore alla pianta rinfrescandola. In tal modo si eviteranno sia  le scottature sia la disgrazia maggiore che è costituita dal raggiungimento della temperatura di ebollizione dell’acqua contenuta all’interno dei tessuti della pianta. Dobbiamo capire che le succulente funzionano al contrario delle altre piante; esse fanno di tutto per evitare l’evaporazione dell’acqua che hanno all’interno, riducendo, da un lato, i pori di traspirazione e, dall’altro, chiudendoli durante il giorno ed aprendoli di notte.

Questa è per loro però anche una trappola mortale se mancano ventilazione ed ombreggiamento durante le ore più calde della giornata; provate a pensare ad un piccolo recipiente di vetro ermeticamente chiuso, pieno di acqua, sotto il sole estivo: anche se l’acqua non arriva a bollire non le manca però molto e  per una pianta succulenta sotto il sole è la stessa cosa, non serve che la temperatura raggiunga i 90 °C, ne bastano 50 e perdiamo la pianta. Molti scambiano questo effetto termico  per marciume ma, se notate la pianta pallida e magari con sopra qualche gocciolina marroncina, allora ha bollito Qui possiamo osservare la foto di Conòphytum sp alla fine del riposo estivo: quando le giornateconophytum ectypum iniziano ad accorciarsi, spuntano già i primi fiori facendosi spazio tra le foglie essiccate che lo hanno protetto durante i mesi estivi. I Conòphytum sono molto simili alle Lithops, vegetano però in periodi diversi: le Lithops, infatti, vanno annaffiate nel periodo estivo e lasciate asciutte da settembre (periodo di inizio della fioritura) a marzo-aprile o comunque quando le vecchie foglie saranno disseccate  mentre i Conòphytum sono piante brevidiurne che desiderano l’acqua da settembre a gennaio-febbraio. Va notato che anche i Conòphytum fioriscono nello stesso periodo delle Lithops (da settembre a novembre circa, salvo poche eccezioni in tutti i due i generi in cui ci sono alcune specie che fioriscono verso giugno) Nelle ex-Mesembryanthemaceae ci sono numerosi generi con radici ingrossate a formare delle carote fino ad arrivare in alcuni generi (ad es: Aloinopsis o anche Nananthus) a formare dei veri caudici, che hanno l’apparenza di sassi da cui spuntano foglie e fiori; altri generi, nel periodo di riposo, sembrano mummificati, in particolare “Sceletium” (dal latino sceletus  = mummia) e “Phyllobolus” (specialmente il  P. resurgens) danno bene l’idea di come sembri un miracolo la resurrezione di queste piante appena arrivano le piogge. Molti generi delle ex-Mesembryanthemaceae sono più opportunisti che abitudinari, cioè non sempre vegetano scrupolosamente quando è il loro periodo teorico, ma vegetano quando arriva l’acqua; viceversa ci sono di quelli che per quanta acqua si dia, se non è il periodo giusto,  non si muovono e questi, molto probabilmente, si regolano maggiormente in base alla durata del  periodo di luce giornaliera. 

Gli opportunisti a volte sono tra i più difficili da trattare, in quanto vivono in zone estreme, in cui le precipitazioni avvengono casualmente durante l’anno ma possono anche non avvenire, come può pure succedere, dopo una lunga siccità, che la notte nevichi (piante che abitano in alta montagna nel Karoo) ed il giorno dopo il sole porti la temperatura a 30 °C o più. Per queste piante, a mio parere, è bene alternare, durante i mesi estivi, periodi di sofferenza idrica a brevi annaffiate ad imitare acquazzoni improvvisi; il mio consiglio è, comunque, di tendere a coltivarle come delle piante brevidiurne, cioè a vegetazione invernale o autunnale o primaverile. Normalmente, al posto dei termini: pianta a vegetazione invernale o estiva, preferisco usare il termine, secondo me più preciso, di piante a vegetazione brevidiurna, longidiurna, opportunista e piante di mezza stagione (primavera, autunno). Non dobbiamo comunque spaventarci: in realtà non sono più difficili di altre che appartengono a famiglie diverse come, ad esempio, le Cactaceae; l’importante sta nel capire a fondo il loro “funzionamento”, che spesso è l’opposto delle Cactaceae che molti di noi coltivano, ed è essenzialmente per questo che, chi comincia a coltivarle, molte volte si arrende sfiduciato. Uno degli errori più comune è quello di considerarle tutte uguali per quanto riguarda il periodo vegetativo, come avviene per i cactus; per le Aizoaceae invece dipende non solo dal genere ma anche dalla specie perché il territorio in cui vivono è ampio e differenziato sia per il periodo delle piogge sia per la quantità delle medesime. La parte est del Sudafrica è a piovosità estiva e le piogge sono abbondanti, sono pure abbondanti ed in tutto il periodo dell’anno lungo la costa sud verso sud-est mentre, procedendo da est verso ovest, abbiamo un continuo diminuire della quantità di pioggia e le piogge tendono a cadere sempre più verso la stagione invernale, fino ad arrivare sulla costa ovest dove sono invernali; inoltre, procedendo dalla parte meridionale della  costa verso nord diminuiscono sempre di più fino a ridursi addirittura in sole nebbie verso la Namibia.

phyllobolus resurgens

 

La vegetazione brevidiurna

Vorrei ora precisare qualche cosa riguardante la vegetazione brevidiurna: la cosa principale che balza subito in evidenza è, come molti pensano, che la vegetazione invernale di alcuni generi sudafricani sia dovuta principalmente alle stagioni invertite rispetto al nostro emisfero boreale, cosa questa assolutamente sbagliata. La vegetazione invernale o meglio la preferenza di alcuni generi a vegetare nella stagione a giornate corte (che è anche la più fresca ed a volte piovosa) non dipende dal fatto che da loro è estate quando qui è inverno, ma esse vegetano sia qui da noi sia nel loro luogo d’origine nel periodo invernale. Questo accade perché le piante si regolano principalmente col sole ed in base alle ore di luce disponibili; esse sanno che quando le ore di sole sono poche ed il clima più fresco le condizioni sono ideali per la crescita, che sarebbe invece messa in crisi in periodi lunghi caldi e soleggiati delle giornate estive. Esse quindi vegetano da noi in inverno perché anche a casa loro (in Sudafrica) vegetano tra giugno e settembre (cioè in inverno, che da noi dura invece  da dicembre a marzo). Va in ogni modo precisato che il termine invernale non è esatto; esse, infatti, iniziano la vegetazione  (riferendoci ai nostri mesi) da metà settembre o primi di ottobre (quindi autunno non inverno), finendo all’incirca con febbraio. Pertanto, più che invernale il termine giusto è brevidiurno; infatti, da fine settembre si comincia a notare più marcatamente l’accorciamento delle giornate (la diminuzione delle ore di luce  solare) mentre lo stesso vale al contrario per febbraio. Altro fatto a testimonianza, che esse si regolano col sole e non leggendo i mesi sul calendario, è dato da molte Cactaceae sudamericane: possiamo notare, infatti, che esse da noi vegetano in estate come fanno da loro; quindi, se fosse vero che da noi le sudafricane vegetano in inverno a motivo delle stagioni invertite dovrebbero fare lo stesso anche tutte le Cactaceae sudamericane nonché i Pachypodium del Madagascar e moltissime Aloë ed Euphorbia (alcuni di questi generi  citati si comportano così ma solo perché anche da loro avviene lo stesso). Concludo per non rischiare di fare confusione ulteriore. Questo l’ho scritto perché ho avuto esperienze continue con appassionati molto confusi su questo tema. 

 phyllobolus tenuiflorus